Come diceva il famoso scrittore Denis Waitley: “Ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo o assumersi la responsabilità di cambiarle”.
Il cambiamento è inevitabile.
La vera rivoluzione avviene abbandonando il noto per l’ignoto; sostituire al noto qualcos’altro che conosciamo non è un cambiamento, non è un progresso, non è futuro.
Io ho voglia di creare, ideare, pensare, disegnare. I futuri protagonisti di questo cambiamento sono proprio i c.d. “looked after children” che letteralmente significa bambini accuditi, bambini assistiti ovvero bambini in custodia.
Purtroppo, ad oggi, migliaia di giovani neomaggiorenni uscenti da percorsi di accoglienza in comunità per minori, sono costretti a divenire in fretta adulti ed autonomi, senza poter contare su una casa, su un lavoro, ne su un adeguato sostegno sociale che consenta loro di perseguire le proprie aspirazioni. Questi ragazzi saranno dunque “vittime” di un abbandono, sapete perché? perché finisce il loro percorso di formazione, il loro percorso di crescita che li ha visti protagonisti sino alla “vigilia” della maggiore età.
Un ragazzo smette di essere accudito dalle comunità intermedie nel momento in cui diventa maggiorenne, torna a casa, oppure quando viene adottato.
Spesso però, a causa della particolare situazione di disagio in cui si trova il giovane, è condizione necessaria estendere il periodo di accoglienza nella comunità, oltre il diciottesimo anno di età, al fine di garantire ad esso una tutela.
Ad oggi, come disciplinato nell’art. 29 della legge del 16 agosto 1956, questo prolungamento è possibile per mezzo di un consenso da parte dell’Autorità competente con il c.d. prosieguo amministrativo, che comunque non riesce ad ottimizzare completamente il percorso di formazione del minore diventato maggiorenne; ciò soprattutto per il fatto che può durare al massimo fino al compimento del ventunesimo anno di età.
È importante sottolineare che realizzare gli interessi del minore vuol dire offrire ad esso un progetto di vita, un progetto esistenziale che sia tale da renderlo consapevole del rapporto con la realtà che lo circonda; un progetto che sia tale da porre in essere un concreto sviluppo della personalità ponendo il minore neomaggiorenne nella condizione di esprimere la propria libertà, secondo le capacità, le aspettative, le proprie inclinazioni naturali (artt. 147 e 315 bis cod. civ.).
Il minore, prima di ogni altra cosa, ha diritto ad essere ascoltato, come disciplinato oggi nell’ordinamento civile italiano e da numerose convenzioni internazionali.
Grazie all’attività di co-housing vissuta a Roccaporena di Cascia dal 18 al 24 agosto 2020 con gli artisti de l’Asilo Filangieri di Napoli, con le ragazze e i ragazzi della Comunità educativa Bethel di Amelia e con i partecipanti del Propart – Master in progettazione partecipata – Università Iuav di Venezia, testimonio ancor più la vera importanza dell’ascolto.
Ad oggi, mi sento di dire che “l’ascolto” diviene non solo un principio guida, ma il vero presupposto giuridico affinchè i provvedimenti giudiziari che coinvolgono i minori non siano affetti da vizi procedurali.
Per fare in modo che questo non avvenga, sarà dunque necessario approfondire la tematica delle misure di accompagnamento in funzione dei minori e dei maggiorenni in uscita, al fine di poter utilmente essere di ausilio per la creazione di normative che siano in grado di consentire al soggetto una formazione completa ed un’attività inclusiva rispetto al mondo del lavoro.
In tal modo si determinerebbe un’utile e concreta applicazione dei principi costituzionali connessi alla libertà di iniziativa economica in uno con il diritto all’istruzione ed alla formazione professionalizzante; tutto ciò costituirebbe il concreto superamento dell’ostacolo e la piena attuazione del principio di uguaglianza sostanziale, per come contenuto nel disposto di cui all’art. 3, comma 2, della Costituzione.
Concludo con una frase dello scrittore Saul Alinsky: “Cambiamento significa movimento. Movimento significa frizione. Il movimento o il cambiamento senza frizioni o conflitti appartiene solamente al vuoto rappresentato da un mondo astratto che non esiste”.
Veronica Rita Miarelli