Ogni insediamento sacro è una costruzione mentale, una mappa mentale che solo gli abitanti sono in grado di tenere in vita
(Franco La Cecla)
Mi chiamo Anna Rita e sono nata a Spoleto: è pertanto evidente che un rapporto con Cascia e Santa Rita sia stato sempre presente nella mia vita. Cascia era un luogo dove non era infrequente recarsi bambine, nelle rare domeniche libere dal servizio di mio padre, e la visita al Santuario era d’obbligo; rimaneva addosso la meraviglia per la stravagante (per noi) architettura della Chiesa, l’inquietudine per il corpo esposto della Santa, lo stupore per la cospicua quantità di ex voto e per il gran numero di pellegrini che accedevano alla confessione. Raramente però arrivavamo a Roccaporena, che nella nostra ingenuità di ragazzine appariva lontana, arcaica, bellissima, con il suo mitico Scoglio.
Raggiungendo Roccaporena per il progetto Rockability, nel 2019, la prima persona che ha evocato di fronte a me la sacralità dello Scoglio è stata Claudia, la titolare un ristorante in paese, che con molta naturalezza, ma anche con grande ispirazione, ci ha raccontato di come lei avesse da sempre l’abitudine di salire allo Scoglio e poi lì sostare, a lungo. Sono emozioni indescrivibili, ci disse. Sentire la vita, l’universo, scorrere dentro di sé. Non ricordo le parole precise, ma so che mi impressionarono molto: immediatamente pensai alle sensazioni provate davanti alla tomba di Francesco in Assisi. Luoghi pieni di risonanze, di mistero, per credenti e non credenti. Ed anche in quel caso, ciò che si sentiva non era solo la presenza del Sacro, no, i luoghi erano come impregnati delle suppliche, delle preghiere, delle richieste, del dolore e della gratitudine di milioni di persone che nei secoli si sono rivolte ai santi in cerca di soccorso.
Da allora sono salita varie volte allo Scoglio, una formazione rocciosa a cono, di forma molto singolare che si erge su Roccaporena e sull’angusta valle del Corno, luogo dove secondo le tradizioni aveva il suo eremo San Montano, il monaco di origini siriache, primo santo patrono di Roccaporena, festeggiato l’11 maggio di ogni anno nella splendida parrocchiale a lui dedicata, di origini duecentesche, con affreschi del sec. XV e XVI.
La tradizione popolare afferma che lo Scoglio si sia staccato, con altri due massi nelle vicinanze, in occasione del terremoto che coincise con la crocifissione di Cristo.
Questo luogo ha un’importanza straordinaria nella vita della Santa, è il luogo dove si raccoglieva in preghiera, ma soprattutto è dallo Scoglio che Rita si leva in volo per raggiungere il monastero di Santa Maria Maddalena a Cascia, del quale le veniva precluso l’accesso, dopo la morte del marito e dei figli.
Il volo femminile, fuor di metafora, ha generato sempre sospetti nella Chiesa, richiamando connotazioni diaboliche: sono generalmente le streghe a volare, non le sante, come ci ricorda Lucetta Scaraffia nel suo bellissimo testo “Rita, la Santa degli impossibili” (Vita e Pensiero edizioni 2014), un libro che si legge d’un fiato, come fosse un romanzo.
(Ed io non posso impedirmi di pensare ad un altro magnifico volo della letteratura mondiale, il volo di Margherita (!) nel capolavoro di Bulgakov, quello sì un sabba, un volo di ispirazione demoniaca, ma con esito divino, anzi, per dir meglio, evangelico. Chiunque abbia letto e amato “Il Maestro e Margherita” intende a cosa mi riferisco).
Questo volo Rita lo fa accompagnata da tre testimoni: Sant’Agostino, San Nicola da Tolentino e soprattutto San Giovanni Battista, il primo a guidarla nella salita allo Scoglio. “Ai tre rifiuti del monastero, si contrappongono tre Santi e le tre prove che Rita supera e affronta”.
Il Volo di Rita, dice la professoressa Scaraffia, è la cerniera tra Roccaporena e Cascia, tra la precedente vita matrimoniale e la scelta ascetica, tra il contado e la città, tra la vita nel mondo e la vita fuori dal mondo, tra vita monastica e comunità ecclesiale.
“Come gli sciamani, Rita sale al cielo e attiva un contatto diretto con l’aldilà per combattere la malattia e la morte”.
Grande l’importanza di tale volo anche per un celebrato artista, Yves Klein, seguace e fedele di Santa Rita, di cui è stato iniziato al culto – come racconta Pierre Restany nella sua biografia dell’artista – dalla zia Rosa Raymond Gasperini. L’inventore dell’International-Klein-Blue si ispirò al volo notturno della santa per il celebre salto del 1960.
Così lo Scoglio che visto dal basso pare avere un aspetto inquietante, orrido, selvaggio, diventa paradigma ed esperienza del cammino spirituale, percorso di ricerca di significati e sensi, che vanno oltre la ricerca religiosa in senso stretto.
Come dice Lucetta Scaraffia, citando l’antropologo Franco La Cecla, “sappiamo come dietro al riconoscimento di una sacralità nello spazio stia una intera concezione del mondo, una mappa mentale, costruita nel tempo dagli abitanti che vi si riferiscono e che comprende anche la stratificazione delle memorie comuni al gruppo. Ogni insediamento sacro è “una costruzione mentale, una mappa mentale che solo gli abitanti sono in grado di tenere in vita”.
Tanto maggiormente vero per Rita da Cascia, morta nel 1447, beatificata nel 1626 e proclamata Santa solo nel 1900, ma che già immediatamente dopo la sua morte, attivando incredibili energie taumaturgiche, fu oggetto di una enorme devozione del popolo, arrivata fino a noi e che ancora oggi incanta e stupisce.
Anna Rita Cosso
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